FORMAZIONE PROFESSIONALE: LE SCELTE SBAGLIATE DELLA REGIONE LAZIO
Data: 01/06/2020

Tra i tanti effetti negativi, va riconosciuto al corona virus almeno il merito di aver forzatamente indotto repentini chiarimenti su molte questioni la cui corretta valutazione era stata fin qui oscurata da una fitta cortina di ambiguità, che, tuttavia, non ha retto di fronte alla necessità di misure chiare e univoche indotte dall'emergenza epidemiologica. Tale è il caso della gestione del sistema di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) a gestione regionale. Le misure che la Regione Lazio ha ritenuto di adottare per regolare la conclusione dell’anno formativo e la gestione dell’emergenza mostrano con chiarezza, più di mille astratte enunciazioni, l’incapacità della Regione di confrontarsi con il governo di un canale del sistema di istruzione, che tale è per l’oggettiva funzione di assolvimento dell’obbligo che è ad esso attribuita. Al contrario, la Regione Lazio ha di fatto ricondotto la formazione professionale da essa stessa gestita nell'alveo della mera preparazione al mondo del lavoro, riproponendo, a quasi 60 anni dalla nascita della scuola media unica e dal superamento dell’avviamento professionale (1962, Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Gui), la logica della distinzione dei percorsi, uno dei quali si caratterizza per il minor pregio, e quindi si aggancia alla disciplina propria del mondo del lavoro, più che a quella della scuola.

Nonostante le chiare indicazioni dell’art. 91 del Decreto Legge n.34 del 19/05/2020, meglio noto come Decreto Rilancio , la Regione ha ritenuto di porre gli enti di FP, che hanno brillato per inconsapevolezza della dimensione della posta in gioco, nella condizione di protrarre l’anno scolastico fino al compimento dell’intero monte ore annuo, pena la riduzione dei finanziamenti, pur chiaramente esclusa da una lettura non “sofistica” del predetto art. 91, che si distingue per una chiarezza non sempre connaturata agli atti normativi del nostro Paese, specie quando si tratti di leggi di conversione di decreti legge, che sono spesso il frutto di una forte mediazione tra i diversi orientamenti delle forze parlamentari.

La Regione Lazio costringe, in forza delle norme che ha dettato, alunni e operatori della IeFP ad un prolungamento dell’attività didattica, che non è previsto per quelli del sistema statale, soprattutto non è previsto per gli alunni che conseguono la qualifica professionale presso gli Istituti Statali che operano in regime di sussidiarietà, quindi, con espressione forse atecnica, ma efficace, su “concessione regionale”. La differenza di ruolo e di pregio che la Regione stessa presuppone esistente tra il percorso statale e quello regionale non potrebbe essere rappresentata con maggior efficacia icastica. Lo stesso titolo (la qualifica triennale)  è soggetto a modalità diverse se conseguito nel sistema statale rispetto a quello regionale, pur essendo la Regione l’ente a capo della gestione. Si conferma, quindi, quanto abbiamo avuto modo di sottolineare in più occasioni come Cisl Scuola: l’espediente che si nasconde dietro il ruolo sussidiario attribuito agli istituti professionali in forza di una convenzione del 2011, che consente alla Regione di vantare numeri, circa l’erogazione del servizio, che celano il fatto dell’abbandono di parte dell’attività al settore statale.

Per l’opportuno approfondimento del tema, rimandiamo alla lettura del documento unitario emanato da FLC CGIL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA, SNALS CONFSAL del Lazio.